giudizio artistico: buono
Il 2007 dovrebbe essere l'anno di Buxtehude, poichè ricorre quest'anno il trecentenario della scomparsa del grande organista. Questo CD della Carus Verlag ha, come tutte le pubblicazioni di quest'etichetta, una valenza più documentaria che non interpretativa, ma è comunque un acquisto piacevole, specie per chi non conosce le opere vocali di Buxtehude. Troviamo nel disco otto cantate (anche se l'Alleluja finale non è originariamente un'opera a se stante) dove troviamo molti aspetti delle abilità compositive di Buxtehude, sia nell'uso dei solisti che in quello del coro. Ovviamente, dovremo attendere Bach perchè anche gli strumenti abbiano una vera e propria scrittura virtuosistica e non siano un mero accompagnamento (anche se molto ben elaborato). E' quindi un'ottima occasione per ascoltare insieme alcune cose come Das neugebohrene Kindelein, oppure In dulci jubilo o ancora il notissimo Cantate Domino. Troviamo nel disco anche alcune cose neglette, come il Magnificat (ormai considerato certamente spurio, ma davvero piacevolissimo da ascoltare). Il disco, dicevo, ha prevalente valenza per l'aspetto documentario, e quindi l'esecuzione lascia un po' a desiderare. Se il coro è comunque molto pastoso e trasuda tradizione tedesca da tutti i pori, l'ensemble strumentale è un po' raffazzonato e tradisce il fatto che Holger Speck sia prevalentemente un direttore esperto nell'ambito corale. Non fraintendiamoci, le buone idee non mancano e il disco è piacevole. Se volete un buon cd da cui cominciare, questo è sicuramente un ottimo punto di partenza. Si spera inoltre che, nel corso dell'anno, appaiano tanti altri bei cd dedicati alla musica vocale del buon Dietrich.
Carlo Cementeri
giudizio tecnico: OTTIMO
DINAMICA: 4/5
EQUILIBRIO TONALE : 4/5
PALCOSCENICO SONORO: 3/5
DETTAGLIO: 3/5
Il dettaglio degli strumenti si poteva curare un po' meglio, le trombe sono spente e fuori fuoco (anche quando dovrebbero incendiare tutta la scena, come nell'alleluia che conclude il cd) e gli archi dicono pochino. D'altra parte, il coro è reso molto bene e rende giustizia alla scrittura di Buxtehude. Il riverbero è ottimo, e così anche il bilanciamento solisti/ coro: la scelta di incidere in un'antica chiesa cattolica e non in una chiesa moderna ovviamente aiuta moltissimo in questo, evitando di creare un suono tipico delle chiese tedesche moderne che tende spesso al secco sahariano, cosa che (suppongo proprio per la mia abitudine italiana) trovo molto fastidiosa su questo repertorio, che invece viene reso un un'atmosfera morbida (probabilmente quella che Buxtehude aveva a Lubecca) ma che non perde comunque di mordente. Carlo Cementeri