giudizio artistico: OTTIMO
Disco poco considerato, questo quinto album dei californiani Jefferson Airplane, eppure molto importante per la storia di questa formazione. Registrato dal vivo nell'autunno 1968 in diverse serate riprese nei due locali simbolo dell'acid-rock : il Fillmore East ed il Fillmore West, voluti e creati dal grande Bill Graham, rappresenta il passaggio del gruppo ad una forma musicale più complessa ed elaborata, virata verso toni più duri giocati sull'instancabile lavoro del duo Kaukonen/Casady (chitarre e basso) e su colori ancor più profondamente psichedelici, attraverso monumentali, interminabili versioni di brani che sino ad allora, ascoltati attraverso i primissimi LP in studio, avevano mantenuto la classica forma e brevità della canzone pop. La grandezza dei Jefferson come live-performers è qui pienamente dimostrata, come pure la piena maturità, tecnica ed artistica, raggiunta dopo i primi lavori, attraverso i due capolavori usciti prima di questo live: After bathing at Baxter's e Crown of creation. Canzoni come Somebody to love o It's no secret vengono qui riproposte in lunghe cavalcate dal suono massiccio e dal tessuto denso ed articolato. Torna ad emergere, inoltre, la voce di Marty Balin che lascia quasi in secondo piano, in parecchi pezzi, Paul Kantner e Grace Slick che avevano praticamente dominato gli album precedenti. Plastic fantastic lover è tiratissima e sulfurea,il folk-blues The other side of this life, composto da Fred Neil, si trasforma in un rock sfavillante di quasi sette minuti e Rock me baby sembra dare l'input per ciò che saranno gli Hot Tuna un paio di anni dopo. Certo, arrivare dopo due straordinari album come quelli menzionati più sopra, reali simboli di quell'epoca, ha messo un po' in ombra questo Bless... e vale assolutamente la pena riscoprirlo. E' un disco agile e trascinante, dall'atmosfera sudatissima e le canzoni sono tutte molto belle. Come non se ne fanno più. Piero Grassano
giudizio tecnico : BUONO
La registrazione originale non brilla certo per caratteristiche audiophile, sia chiaro. Ha sempre avuto un suono nebuloso, un poco velato ma comunque piacevole, riuscendo a rendere in modo evidente l'atmosfera dei concerti di quegli anni. Il lavoro svolto dalla Pure Pleasure, etichetta tra le più rispettabili, sembra comunque eccellente. Non si è andati a manipolare niente, credo, ed il suono mantiene, sì, le caratteristiche di cui sopra, ma riesce ad essere più aggraziato e, per assurdo, intellegibile, acquistando in dettaglio, dinamica e respiro senza indurimenti di sorta. Nel complesso pare essere un ottimo lavoro, portato avanti con rigore ed onestà. Vinile tra i più silenziosi in assoluto. Piero Grassano