giudizio artistico: ECCEZIONALE
Questo CD aiuta a documentarsi sul primo capitolo di una 'storia d'amore' tra una delle grandi orchestre del mondo e uno dei maggiori direttori del XX secolo.
Tra il 1961 e il 1970 Sir John Barbirolli diresse la Filarmonica di Berlino in una serie di concerti che divennero noti come 'Festival Barbirolli'. L'orchestra lo considerò il più grande direttore che li avesse condotti dai tempi di Furtwängler e le sue apparizioni furono talmente applaudite, che il pubblico si rifiutava di lasciare la sala anche dopo che l'orchestra aveva abbandonato il palco, e le luci si erano spente.
Un paio di avvertenze sono d'obbligo. Per quelli più abituati ad alcune recenti assurdità, come per esempio orchestre da camera che suonano Brahms, qui parliamo di musica in grande scala, stile 'interventista'. Oltre a questo, l'ensemble potrà sembrarvi a volte 'stonato', il che non deve sorprendervi poiché pare che i musicisti avessero enormi difficoltà nel sentire l'un l'altro in quell'ambiente acustico (vedere più sotto).
Nel primo movimento, Barbirolli ignora la ripetizione e vi sono piccoli innumerevoli cambiamenti di tempo e di dinamica: una nota o un accordo mantenuto a lungo, una frase indugiata oltre il dovuto, eppure tutto scorre splendidamente sull'onda dello splendido suono orchestrale, dove la forza degli ottoni è particolarmente significativa. Barbirolli lascia gli archi cantare nel movimento lento in una tale maniera che, nel 1962, forse solo la Filarmonica di Leningrado poteva eguagliare, e l'umore generale è quello di un'elegia estatica, nella quale allo stucchevole sentimentalismo non è mai permesso di intromettersi. L'Allegretto grazioso è interpretato a un ritmo cadenzato che scorre con inflessioni quasi mahleriane e cambi di tempo nel 'trio'. Il finale è invece un tour de force dall'esecuzione potente e concentrata. Vi sono minori variazioni di tempo, agli accordi dei 'forte' è dato peso eccezionale, e nella coda gli ottoni e i timpani trionfano.
Onestamente non esiste oggi un tale direttore, e un'orchestra così, che possano avvicinarsi a questo livello di coinvolgimento e perfezione. In una parola: gloriosa. Rob Pennock
giudizio tecnico: BUONO
dinamica: sufficiente-buono; equilibrio tonale: buono
palcoscenico sonoro: ottimo; dettaglio: sufficiente-buono
Dato che il concerto fu registrato in una cattedrale, non c'è da stupirsi che il suono sia molto riverberante. Nell'introduzione tranquilla al primo movimento (in cui l'orecchio non si è ancora adattato) l'immagine è notevolmente torbida, i legni e i fiati suonano come se galleggiassero su un letto di caldo e pastoso suono d'archi in una caverna sepolcrale, e durante tutta l'esecuzione, gli ottoni in particolare suonano come fossero sospesi sopra il resto dell'orchestra. Particolarmente interessante, quando il livello di volume aumenta, il suono migliora notevolmente. I fiati hanno molta più definizione e chiarezza, e gli archi - anche se ancora un po' amorfi - hanno peso e attacco, e la loro qualità musicale è ben registrata. Il bilanciamento generale è a media distanza, l'immagine è ampia e la gamma dinamica di buona qualità, anche se non c'è dato di ascoltare gli eccezionali pianissimi tripli e quadrupli che Barbirolli riuscì a tirar fuori da quest'orchestra.
Chiaramente questo non è un suono audiofilo, purtuttavia non toglie nulla all'esecuzione. Tuttavia, dato che i master di questo disco provengono dall'Archiv Berliner Philharmoniker, si può solo sperare che un'altra rappresentazione di questo lavoro, che Barbirolli diede con loro qualche anno dopo a Berlino, sia stata conservata; e qualora esistano presso l'Archiv i nastri di altri concerti che egli diede con loro, sarebbe opportuno che fossero resi disponibili nel più breve tempo
possibile. Rob Pennock