giudizio artistico: BUONO
Lo ammetto, sono prevenuto nei confronti della fusion, anche di quella prodotta da mostri sacri quali i fratelli Brecker, affiancati da Peter Erskine e Jim Beard, anche se l'organico è completato da una sezione di fiati di notevole impatto e splendente swing. Devo però dire che questo disco, al ripetersi degli ascolti, ha parzialmente smontato la mia prevenzione. Sarà per il virtuosismo coinvolgente del grande trombettista bianco, sarà per l'affiatamento tra Randy Brecker ed il fratello Michael, ma anche tra loro e gli altri solisti, sarà per il calore del pubblico tedesco, ma questo disco è in effetti una spanna sopra la media delle produzioni di fusion (fatti salvi i dischi dei Weather Report e poche altre cose).
C'è da dire che lo stile di Randy Brecker richiama quello del più puro Miles Davis del periodo elettrico, con lunghe cavalcate di note in rapida sequenza, sarà che, come detto, la sezione dei fiati swinga con impeto, sarà per il drumming puntuale e propulsivo del buon Peter Erskine, ma c'è da divertirsi ascoltando i vari brani. Peccato che alcuni di essi si risolvano, aldilà di alcuni spunti tecnici e tematici di rilievo, in interminabili giustapposizioni di note durante assoli che non sembrano avere né capo, né coda. Ma questo è, secondo il modesto parere del recensore, il limite della fusion. Gli appassionati del genere, comunque, troveranno in questo disco materiale di cui divertirsi. Onore al merito ai 'vecchietti'.
Marco Manunta
giudizio tecnico: SACD: OTTIMO
DINAMICA: 3
EQUILIBRIO TONALE : 4
PALCOSCENICO SONORO: 4
DETTAGLIO: 4
CD: BUONO
DINAMICA: 4
EQUILIBRIO TONALE : 3
PALCOSCENICO SONORO: 3
DETTAGLIO: 3
Ho iniziato l'ascolto critico dal layer SACD stereo (non possiedo un impianto multicanale). Mi sono trovato davanti ad un suono levigato ma alquanto scuro, con una gamma bassa un po' troppo prominente e un equilibrio timbrico che predilige il medio-basso. Dinamica apparentemente buona ma sotto le aspettative, dettaglio ottimo, che contribuisce all'esposizione di un soundstage ben stratificato e fortemente sviluppato in profondità.
L'impressione, comunque, è che il risultato sia stato ottenuto giocando con riverberi artificiali e intervenendo pesantemente sull'equilibrio timbrico. Poi sono passato allo strato CD e ho compreso tutto: il suono ha guadagnato dinamica, è diventato però più aggressivo e più avanzato, con un soundstage più piatto, una scena più ammassata verso il centro, una gamma media più affaticante. Tornando al layer SACD, ho potuto apprezzare il lavoro dei tecnici, che hanno valorizzato il supporto ad alta risoluzione smussando le spigolosità della registrazione e valorizzando il soundstaging. In fondo, il suono dello strato SACD è perfettamente adatto al genere di musica: patinato e un po' ruffiano, ma senza perdita di informazione. La ripresa live inficia comunque udibilmente il lavoro del bassista e, in parte, quello di Erskine. Ma credo che sarebbe stato difficile fare di più
in uno stadio, dal vivo.
Marco Manunta