giudizio artistico: BUONO
New York Time è il terzo di sette titoli della collana The New York Sessions, pubblicato dall'etichetta
di David Chesky. Tale serie si propone di focalizzare l'attenzione sui migliori musicisti jazz della grande mela, registrati nello stile minimalista della Chesky Records.
In questo caso ci troviamo di fronte ad un inedito quartetto composto dal contrabbassista Christian McBride, il sassofonista Javon Jackson, il batterista Jimmy Cobb e il celebre pianista Cedar Walton, vecchia conoscenza dei lettori di «Audiophile Sound». L'eccezionalità dell'incontro è data dal confronto fra due giovani jazzisti (McBride, Jackson) e due maestri del genere (Cobb, Walton). In scaletta trovano spazio brani storici quali Naima di John Coltrane e molte composizioni di Walton, riproposte per l'occasione in uno stile moderno e impeccabile, forse soltanto un po' freddo.
Chi, fra i nostri lettori, si aspetta un quartetto intenso e ricco di groove, rimarrà profondamente deluso. L'improvvisazione è ridotta all'essenziale e l'interplay fra i quattro musicisti è buono, ma non eccezionale. New York Time è un album piacevole, ma privo di emozioni intense.
Simone Bardazzi
giudizio tecnico: ECCEZIONALE
DINAMICA: 5
EQUILIBRIO TONALE : 5
PALCOSCENICO SONORO: 5
DETTAGLIO: 5
Basta ascoltare il break di batteria che apre la prima traccia di questo album, per rendersi conto dell'eccellente livello tecnico di questa incisione. Sound naturale, realismo dell'ambiente, profondità, dinamica e dettaglio in pochi secondi balzano, infatti, all'orecchie dell'audiofilo più smaliziato. Non ho mai amato le produzioni di David Chesky e di Nicholas Prout dal punto di vista artistico, e spesso ne ho contestato anche alcuni dettagli tecnici.
Senza dubbio questo New York Times non mi accompagnerà nei miei test audio e non diverrà uno dei miei riferimenti, ma devo ammettere che si tratta di una registrazione di altissimo livello. Mi piace l'impressione di naturalezza e di realismo che si respira, pur senza trascendere mai nella crudezza che caratterizza certe incisioni della Opus. In singoli strumenti, sempre ben dettagliati e fisicamente presenti nel soundstage, non colpiscono mai l'ascoltatore con un'eccessiva crudezza delle sfumature. Il sound risulta, infatti, sempre vellutato e piacevole, privo di asperità, così come di cedimenti. Il bilanciamento perfetto fra le singole frequenze permette di cogliere intuitivamente e con facilità il ruolo di ogni strumento e di collocarlo nello spazio. Gli assoli emergono con scioltezza e senza fatica, irrobustiti da una notevole spinta dinamica.
Simone Bardazzi