Rob LoVerde (Gain 2 System), Mobile Fidelity
Sound Lab, Sebastopol, CA.
www.soundandmusic.com
giudizio artistico: OTTIMO
Genio e sregolatezza, questa la vita di Art Pepper,
o meglio quella parte della vita racchiusa in questa
raccolta di brani del suo periodo iniziale migliore,
quello anteriore al perdersi dietro la poetica di
Coltrane. Addirittura, il nostro incideva nelle pause
dei brevi soggiorni domestici, uscito di galera.
Nulla di delittuoso, intendiamoci. Molto però legato
all'uso di droghe (particolare quasi immancabile
nella vita di artisti di quei tempi, e non solo). Art,
in quegli anni, è una vera e propria leggenda, e
raggiunge il suo culmine artistico esattamente
nelle registrazioni qui proposte. Lo stile è personalissimo
e inconfondibile, indubbiamente influenzato
da Charlie Parker anche se non privo di un
suono e di fraseggi caratteristici. Il successo (ed
i problemi di droga) iniziano nel momento in cui
viene ingaggiato nell'orchestra di Stan Kenton, nel
'52, ma uno dei maggiori apici artistici viene
raggiunto proprio nel periodo '57/'60. In questo
disco alcune delle più belle interpretazioni (e arrangiamenti)
di classici come The man I love e Autumn
Leaves, e la particolare esclusiva di un paio di
alternate takes di I can't believe that you're in love
with me e All things you are. Un ‘masterpiece’
questo … the way it was!, per cultori, certamente,
ma aperto a tutti coloro che volessero essere consapevoli
delle milestones musicali nel jazz. Un ‘masterpiece’
prima del buio di Art, della confusione
interpretativa e della rinascita, agli albori degli
anni '80. Ma questa è un'altra storia, di cui speriamo
di potervi parlare quanto prima. Enzo Carlucci
giudizio tecnico: BUONO-ECCEZIONALE
3 5 4/5 3/4
Agli albori della stereofonia, lontani dall'approccio
‘monitor’ di Rudy van Gelder. Più vicino alla ripresa
di una grande orchestra, timbricamente, anche se
in presenza delle incoerenze nell'interpretazione
della stereofonia dei tempi, con le estremizzazioni
parziali di alcuni suoni.
In generale un suono caldo, smooth. Forse in parte
non trasparentissimo, eppure estremamente godibile.
Molto apprezzabile, invece, l'approccio ‘corale’
alla ripresa delle sezioni di fiati, dotati di eccellente
amalgama e privi di ogni sorta di deleteria
aggressività.
Il ‘calore’ nel trasferimento è una caratteristica del
sistema ‘Gain 2’ messo a punto dai tecnici di Sebastopol,
con l'ausilio di personalità del calibro di
Tim de Paravicini, Nelson Pass e Ed Meitner. La
fedeltà al master originale è tale che non si è intervenuti,
digitalmente, neppure quando il supporto
analogico dava segni inequivocabili di deterioramento
(e conseguente distorsione).
Il bilanciamento tonale, a supporto originale integro,
è semplicemente perfetto, e nessuna porzione
dello spettro audio risulta privilegiata o penalizzata.
Certo, ogni tanto (trattandosi di registrazioni effettuate
nell'arco di tre anni) si notano palesi differenze
soniche (ripresa, nastri, bias … insomma, le
variabili in campo in ogni registrazione sono veramente
molteplici), ma ciò che risulta evidente è la
presenza dello spesso approccio sonico di base.
Un disco eccellente, estremamente godibile anche
dal punto di vista strettamente audiophile, che in
parte smentisce la mia stessa convinzione che in
MFSL si fosse soprattutto bravi nei trasferimenti
analogici (vinili). Touché, signori. A volte è necessario
ammettere pubblicamente i propri ripensamenti
(modo elegante per parlare di ammissione
dei propri errori). Enzo Carlucci