RICKIE LEE JONES. POP POP. LP Original Recording Group ORG 007. Stereo. Reg: Topanga Skyline Studios, USA. 1991. Prod: Rickie Lee Jones, David Was. Eng: Greg Penny, John Eden. Mixing: Joel Moss. Mastering: AcousTech Mastering, USA.
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giudizio artistico: OTTIMO
Rickie Lee Jones è cantante dalla voce particolarissima, con un timbro da ragazzina viziata eppure con le capacità interpretative di una Signora del Jazz. Connubio curioso, accoppiata quasi infame. Roba da aspettarsela urlare indispettita da un momento all'altro, in preda ad una qualsiasi crisi di nervi per il gelato che le si sta squagliando tra le mani. Ed invece, magicamente, quel timbro tira fuori grinta ed espressività, nel fluttuare tra la voce di gola potente e le biascicate sillabe nasali.
Classici pop riarrangiati in chiave jazz, melodie che si stemperano in ballads o songs infantili dalle ritmiche ardite. Contrasti. Un disco di paradossi e contrasti, a partire dalla evanescente Up from the Skies di Jimi Hendrix. Eppure, ripeto, funziona. Incisivi Robben Ford alle chitarre (che quando non si mette a cantare, con quella voce oggettivamente sgradevole, si ricorda di essere un musicista sopraffino) e Charlie Haden, alle ritmiche. Eh si, perché nell'acustico puro deve necessariamente mancare la batteria (unica concessione ad alcune percussioni in Dat Dere). Tocchi d'artista gli inserti di Joe Henderson e Bob Sheppard al sax, Dino Saluzzi al Bandoneon.
Un bel connubio, tra attenta rilassatezza e informale rigore. Un disco di contrasti, vi ho detto. Che non è un capolavoro, intendiamoci. Ma un gran bel lavoro sì: curato nei minimi dettagli, plasmato magistralmente dall'essenziale, rifinito con gusto. Con un tocco di pazzia, che non solo si riflette nella voce naif della Jones, ma anche in quella copertina. Con quel dissacrante giallo che riesce a farmi uscir di senno.
Enzo Carlucci
giudizio tecnico: OTTIMO
Per l'occasione il front-end serioso e rigoroso costituito dall'Elite Townshend 'The Rock'/Excalibur/GAS'Sleeping Beauty'/Madrigal è stato sostituito dal più 'passionale' Ariston RD80/Sme/Audiotechnica OC9. Meno precisione, ma quanta musicalità. E quanta dinamica, in un suono rotondo e pieno, godibile e pastoso. I solchi ben definiti da AcousTech, poi, hanno fatto il resto. Conoscevo molto bene il disco, avendone una copia in CD, e mi aveva sempre stupito l'originalità della ripresa di Greg Penny, con quei suoni 'catturati in gola', particolarmente 'diretti' e con concessioni pressoché nulle alla porzione riverberata. In cambio, però, un rigore timbrico esemplare, con una definizione da Full HD (per usare un linguaggio tecnico oggi tanto di moda). L'immagine, che nel CD soffriva di un eccessivo schiacciamento dei piani sonori ed un senso di 'provenienza' dai diffusori non sempre apprezzabile, qui è invece particolarmente equilibrata.
Forse meno (positivamente) affetta da gigantismo, e per questo più reale e meglio posizionata lungo la direttrice orizzontale. Il vinile è di qualità particolarmente buona (senza, ahimé, raggiungere i livelli titanici di MFSL), ma in questo particolare contesto si presta a meno critiche rispetto ad altri programmi musicali. Forse per la indubbia qualità del lavoro, o forse per qualità del dettaglio e precisione del bilanciamento tonale, qualità a livelli assoluti. Nel mixdown di Joel Moss una personalissima interpretazione del suono che, senza arrivare ad i livelli di Tchad Blake, costituisce un punto di vista estremamente personale e valido, nel disagevole percorso verso l'eccellenza sonica.
Enzo Carlucci